L’orto di Doudou

E’ stato il primo orto a nascere nell’ambito del progetto di Don Bosco 2000, nel 2018, e prende il nome dal proprietario del terreno, Doudou appunto, un trentacinquenne di etnia Bassary, che abbiamo incontrato insieme alla troupe di Rainews 24 mentre realizzavamo un servizio nei pressi di Wassadou sulla migrazione irregolare.
Doudou, ha partecipato al nostro corso di formazione e successivamente abbiamo cominciato la prima esperienza di migrazione circolare nel suo terreno. Un appezzamento piano, ricco di acqua che si trova mediamente a 10 metri dal suolo.
Abbiamo cominciato recintandone mezzo ettaro coinvolgendo nella realizzazione dell’orto Seny e Fadigà, entrambi migranti approdati in Italia che hanno deciso di tornare in Africa.
Per la infrastrutturazione dell’orto, nello spirito della migrazione circolare, sono arrivati dall’Italia due operatori agricoli italiani dell’associazione Don Bosco 2000, Carmelo e Roberto, ed un migrante Aly Traore che nel mese di febbraio 2018 hanno infrastrutturato l’orto trasferendo le proprie competenze a Seny, Fadigà e ai giovani del posto, coinvolti nel progetto, che avevano seguito il nostro corso di formazione: Maxime, Doudou, Adama e Gerome. Quasi un mese di training on the job, in cui i due operatori italiani hanno lavorato a stretto contatto con i ragazzi africani insegnando loro tutte le tecniche per impiantare un orto con irrigazione a goccia. L’obiettivo, oltre quello di avviare la fase di start up dell’orto di Doudou, è stato quello di trasferire il massimo delle conoscenze ai ragazzi autoctoni per fare in modo che per la realizzazione dell’orto successivo fossero autonomi e in grado di replicare l’esperienza nei villaggi vicini.
E’ cominciata cosi l’esperienza concreta della migrazione circolare con l’avvio del primo orto. Man mano che i lavori e le semine procedevano ci siamo resi conto, soprattutto noi italiani, che lo sviluppo in Africa richiede tempi diversi da quelli occidentali. Un concreto esempio, tra tutti: per acquistare le quasi totalità delle attrezzature occorre percorrere 500 km nella savana con dispendio di tempo, energia e denaro.
L’orto martire di Doudou è servito comunque a conoscere e capire una realtà nuova.
Per Carmelo e Roberto non è stato facile trasferire le tecniche moderne ai ragazzi autoctoni legati a doppia maglia alle tradizioni agricole locali.
Ma una volta aperti i rubinetti dell’irrigazione a goccia i ragazzi hanno capito come attraverso i sistemi moderni fosse possibile irrigare quasi un ettaro di terreno in maniera continuativa ed omogenea; operazione impossibile da fare con l’irrigazione con il classico tubo a mano.
Il primo anno, nell’orto di Doudou è stato quasi esclusivamente seminato di un ortaggio tipico, il gombo, mentre nel secondo anno, le produzioni si sono estese anche ad angurie e peperoncino.

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